martedì 5 febbraio 2008

Radio frequenze italiane sono contrarie alle normative europee


Il grande Cornacchione avrebbe risposto alla Corte di Giustizia Europea con il suo celebre: " COMUNISTIIIII !!!" di certo il miglior portavoce di chi continua ad operare in violazione del Diritto comunitario così come sancito dalla certamente per nulla bolscevica Corte di Giustizia Europea, che nei giorni scorsi ha emesso una dura sentenza contro il sistema radio televisivo italiano.

Vi riportiamo qui di seguito quanto esposto dalla Corte di Giustizia lasciando a voi lo spazio per eventuali commenti circa il "monolocale" della Libertà che è il sistema delle radio frequenze italiane.

Il comunicato è scaricabile QUI
COMUNICATO STAMPA n. 06/08
31 gennaio 2008
Sentenza della Corte di giustizia nella causa C- 380/05
Centro Europa 7 Srl / Ministero delle Comunicazioni e Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni
IL REGIME ITALIANO DI ASSEGNAZIONE DELLE FREQUENZE PER LE ATTIVITÀ DI TRASMISSIONE RADIOTELEVISIVA È CONTRARIO AL DIRITTO COMUNITARIO
Tale regime non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati
La Centro Europa 7 Srl è una società attiva nel settore delle trasmissioni radiotelevisive. Nel 1999 essa ha ottenuto dalle competenti autorità italiane un’autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere, in mancanza di assegnazione di radiofrequenze.
Una domanda della Centro Europa 7 diretta all’accertamento del suo diritto ad ottenere l’assegnazione di frequenze, nonché il risarcimento del danno subito, è stata respinta dal giudice amministrativo.
Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale la causa pende attualmente, interroga la Corte di giustizia delle Comunità europee sull’interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario 1 relative ai criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni radiotelevisive.
Il giudice del rinvio sottolinea che in Italia il piano nazionale di assegnazione delle frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l’effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni
1 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «quadro») (GU L 108, pag. 33), direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni») (GU L 108, pag. 21), e direttiva della Commissione 16 settembre 2002, 2002/77/CE, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (GU L 249, pag. 21) (direttiva «concorrenza»).
in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale.
La Corte rileva che l’applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa nazionale a favore delle reti esistenti ha avuto l’effetto di impedire l’accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze. Questo effetto restrittivo è stato consolidato dall’autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi. Tali regimi hanno avuto l’effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato.
Il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale, potrebbe essere giustificato da obiettivi d’interesse generale, ma – come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica 2 – esso dovrebbe essere organizzato sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.
Di conseguenza, la Corte conclude che l’assegnazione in esclusiva e senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tener conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi, nonché ai principi sanciti dal NQNC.

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